A FAR L’AMORE COMINCIA TU//SCORRETTA no.6

Vi do il mio calorosissimo benvenuto a scorretta: un podcast in cui parlo di sesso, punk, politica, cose che succedono e cose che non succedono ma che dovrebbero succedere. Oggi vi faccio proprio uno spiegone punk più o meno accurato sulla televisione Italiana, la pop culture e il sesso: in questo episodio chiamato: A FAR L’AMORE COMINCIA TU.

Come al solito ogni puntata inizia da qualche spunto e per questa volta mi ha ispirato “Explota Explota” il musical sulla unica e sola Raffaella Carrà che uscirà in questi giorni, piccolo rammarico in quanto non è un film Italiano, ma Spagnolo. Qui infatti mi ritorna alla memoria quando un paio di anni fa ho fatto la volontaria a un festival di cinema nel Sud Italia, ma in un clima molto Spagnolo in quanto i fondatori vivevano a Madrid e con loro avevano portato moltissima gente Spagnola. Di giorno si lavorava, ma la sera andavamo a molestare il paesino di 300 anime in cui stavamo, con una cassa JBL minuscola ci ubriacavamo al bar all’angolo. Una sera qualcuno mette su Raffaella Carrà e letteralmente le persone Spagnole IMPAZZISCONO e da qui ho capito la passione della Spagna per la Carrà. Mi hanno detto che la Raffaella aveva un programma subito dopo le partite di calcio, quindi è entrata proprio nell’immaginario collettivo e ha fatto la revoluciòn. Se pensiamo agli anni d’oro della rai, le cose non sono cambiate, la televisione aveva una dominio culturale che è difficile immaginare. Non crediamo che le cose oggi siano differenti, perché nonostante possiamo credere che la televisione sia un mezzo superato, rimane ancora presente in tutte le case in numero maggiore di tablet e telefoni. È anche vero che le persone che usufruiscono di questo servizio hanno un’età media che sfiora i 60 anni, ma lo stesso tutt’oggi la televisione e la RAI in particolare ha un influenza piuttosto importante. Se invece parliamo dell’Italia degli anni ’60, ’70 e ’80 parliamo di una televisione come macchina di produzione culturale e identitaria senza pari, negli anni settanta la rai viene apprezzata per la carica innovativa di scelte che propone. Era nata proprio un’avanguardia pura: per temi, costumi, servizi e qualità di produzione tanto che nascevano dei “riti” che venivano riprodotti ogni inizio o fine dei programmi. Molto è anche dovuto dalla scelta della RAI di ingaggiare registi d’autore di fama mondiale, vediamo niente meno che Fellini, Rossellini, Bertolucci dirigere personaggi rimasti nell’immaginario comune come Mina, le gemelle Kessler, Amanda Lear e chi più ne ha più ne metta.

Va be volevamo parlare della Carrà? Se la rivoluzione non l’ha fatta lei non l’ha fatta nessuno, ha iniziato la sua carriera cantando il “tuca tuca” con la pancia di fuori dove in quegli anni era proprio oltre ogni dire. Ho chiesto ieri a mia nonna e mi ha detto tutta scandalizzata: “Aveva fatto vedere anche l’ombelico prima della reclame” e infatti l’ombelico della Carrà scandalizza l’Italia, la RAI riceve pure telefonate da spettatori indignati ed è costretta a cancellare lo stacchetto dopo tre puntate. Conduce mille programmi con Mina, ma soprattutto canta, canta di sesso: “A far l’amore comincia tu”, “Ti voglio”, “Com’è bello far l’amore da Trieste in giù”, può sembrare niente di che, ma ricordiamoci che erano anni scottanti di protesta e rivoluzione culturale. Quando lei ballava con le gambe scoperte e vestita da suora era il ’78, anno in cui in Italia è stata legalizzata l’interruzione volontaria di gravidanza e 30 milioni di italiani la guardavano ogni sabato sera. “Più applaudita di Pertini, più costosa di Platinì, più miracolosa di Padre Pio” insomma lei prima di Madonna o Niki Minaj ha iniziato a parlare di sessualità e normalizzare a un sacco di cose.

Da qui volevo ricollegarmi al discorso sulla pop culture, spesso infatti i media che piacciono al pubblico più vasto sono spesso considerati “spazzatura”, ma sono da riconsiderare in quanto la pop culture è un posto astratto dove valori dominanti vengono messi in discussione e i valori nuovi vengono introdotti. Spesso sono programmi con schema maschilista e patriarcale, dove solitamente vengono schifati i programmi femminili/isti perché frivoli, quando sono loro alla fine a fare la rivoluzione. Pensiamo alla Carrà stessa oppure a “Sex and the city” che recentemente ho rivisto ed è una delle poche serie a parlare di vibratori, l’unica altra serie che io ho visto in cui lo usano è  “Dear white people”. La pop culture medesima insegna moltissime cose, sempre prendendo l’esempio di “Sex and the City” ci sono voluti più di vent’anni che questo programma diventasse superato e vecchio in quanto a idee. Solo dopo vent’anni ti chiedi: veramente Carrie si domanda se le donne hanno le stesso desiderio sessuale degli uomini? Ci sono voluti 20 anni perchè le idee espresse in questa serie divenissero antiquate e superate.

Un dato importante è che ancora il 65% degli italiani ritiene la televisione il mezzo di informazione più credibile ed è proprio sulla tv che il 29% forma la propria opinione di voto, anche in un anno dove comunque ha perso 10 punti percentuale di credibilità. A voi le conclusioni dunque su quanta importanza e influenza ha la televisione come mezzo d’intrattenimento e informazione.

Altro argomento scottante sono le scene di sesso nei film, basiamo il 90% di aspettative su riprese a contenuto sessuale immaginando le cose come potrebbero essere rappresentate, per poi considerare questo tipo di film frivoli e vani. La pop culture spesso può dare modelli controversi o sbagliati, ma almeno si parla di sesso; io con mia mamma ho fatto discorsi abbastanza inesistenti sul sesso e mi vergognavo quando Ligabue cantava “C’è la notte che ti tiene fra le sue tette un po’, mamma un po’ porca com’è” in Certe Notti perché la consideravo una canzone troppo sconcia. Le uniche cose che io avevo sentito venivano da canzoni, film o libri che sicuramente non erano realistiche, ma era meglio parlarne e romanzare le cose, piuttosto che ignorare e colpevolizzare il sesso come già scuola, chiesa, società e casa già facevano per me. Almeno un adolescente italiano su 10 forma la sua educazione sessuale in base a cosa vede in televisione, dove il sesso è ancora un taboo.  Mi rendo conto che creare programmi per minori possa essere difficile, ma l’ultimo programma di sesso per adulti che la RAI ha prodotto risale al 2016, “Generation gap” dove in un paio di puntate degli over 60 parlavano sull’approccio dell’uso di sex toys. Mediaset ha provato a normalizzare un po’ di più l’argomento, proponendo reality show con spesso effusioni spinte, per capire il problema vediamo che “temptation island” è tra i programmi più aperti all’argomento ed è l’unica cosa che c’è. La7 c’è riuscita con “la mala educaxxxion” di Elena di Cioccio, ma la medaglia va ad MTV che aveva messo in onda “Love line” per mille anni.

Credo che ci sia un po’ di ipocrisia: nessuno vuole il sesso, ma se controlliamo la classifica mondiale di accessi a YouPorn vediamo Milano e Roma in testa alla classifica, superando di gran lunga New York e Los Angeles. Roma ha un terzo degli abitanti di New York, e io sono felice che alle persone piaccia il porno, ma se il porno è l’unico esempio di sesso che vediamo sullo schermo e poi non ne parliamo (in altri format televisivi e non), forse un po’ repressi lo siamo.

A questo proposito è uscita la serie “SKAM”, un format scandinavo che è stato ripetuto in varie stati d’Europa. Non è stata la rivoluzione pura, però intanto è uno dei pochi show italiani di qualità che affronta temi interessanti e in modo pressoché realistico. Per esempio c’è tutta una stagione su un ragazzo gay per nulla stereotipato, l’ultima stagione è incentrata su una ragazza Italiana musulmana, si parla di sesso, di farlo o non farlo e altri temi senza particolari veli.

Un altro programma uscito da poco è il molto discusso “BABY”, la prima volta che è uscito io ero in Portogallo e super gasata ho detto ai miei amici: “Raga voi non potete capire, c’è stata la rivoluzione di una serie: Italiana, prodotta in Italia, con un buon budget e che esce su Netflix e parla di due ragazze che decidono di fare le prostitute senza che le venga detto “brutte troie dovete morire”. Ha vissuto all’altezza delle sue aspettative, ovvio che non mi ha cambiato la vita però vedere un prodotto culturale del genere, in cui la protagonista confessa alla madre “Si io faccio la puttana” e non è ridotto a “due ragazze annoiate e fanno le baby squillo perché non hanno niente da fare” è già qualcosa di nuovo. L’amicizia delle due ragazze nasce dal bullismo e dalle vessazioni subite da una delle due perché era stato fatto girare un video in cui lei faceva un pompino a un ragazzo, e anche qui non c’è colpevolizzazione o non rimane un argomento portante del personaggio. Nel corso della serie non c’è poi un percorso di redenzione in cui le ragazze rinnegano le proprie azioni, e secondo me nel panorama culturale italiano sono state scelte coraggiose. Hanno saputo affrontare tematiche attuali senza fare scivoloni importanti, se parliamo così poco di sesso io sono contenta che “BABY” ne parli così perché è un contenitore di intrattenimento leggero che da’ un’alternativa ai ragazzi rispetto alle solite minchiate che danno in televisione. Ciò che è possibile vedere per quanto brutto e trash può mettere in discussione dei valori o delle idee che abbiamo, poi naturalmente c’è bisogno di una consapevolezza culturale, però tante cose si cambiano così. Pensiamo ad esempio a Miley Cyrius o Lady Gaga che quando sono saltate alla ribalta hanno fatto più che la rivoluzione facendo scandalo a dir poco, o almeno per me da ragazzina iniziare a pensare se Miley che balla nuda in Wrecking Ball fosse un esempio di emancipazione o meno è stato un pensiero che non avrei mai sviluppato senza questo stimolo. Come loro anche Micheal Jackson, Renato Zero, Kurt Cobain hanno tutti cambiato gli standard culturali, con canzoni che anche mio papà, il piú machista dei maschilisti, canta senza vergogna. Certo non tutti i film o canzoni devono fare la rivoluzione, ma non ditemi che un “Like a Virgin” di Madonna non vi ha cambiato la vita.

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